La « scul(p)einture », un gioioso flirt orchestrato da Aurélie Menaldo
Hélène De Montgolfier
AS THE WORLD FALLS DOWN
Mentre il mondo tracolla e corre verso la sua perdizione, Aurélie Menaldo, al di là del titolo apocalittico della mostra- preso in prestito da Bowie (1), solleva la domanda : « La gioia sarebbe alla nostra portata?[…..] Il caos lascia la possibilità di cambiare le cose, di toccare il fondo, sperando che tutto vada a rimbalzare diversamente ( in un’altro modo) ». Una boccata d’ottimismo sfasato, inaspettato e palpabile appena passata la soglia del primo spazio : « Paradisi perduti (2)».
PARADISI PERDUTI
L’artista piazza all’entrata una creatura imponente. Abbozza,con l’aiuto di lunghi bastoncini galleggianti, la sagoma di un ragno con rotondità e colori dell’infanzia. Con un colpo di pennello, calza i tentacoli curvi con pesanti zoccoli di cemento simili a ventose. Le schiume cromatiche segnalano un atmosfera gioviale : la pittura-scultura si mette in moto, taglia certi tentacoli reticenti tenuti dall’ ancoraggio, che lasciano la sua superficie-pavimento e se ne vanno ad assaporare il marmo del camino. « Rinunciare per meglio scappare, andare avanti » sussura l’autore-disegnatore. Un primo passo verso la libertà. Questa libertà, resa statua al modo americano, decapitata e ridotta alla stregua d’un ornamento d’aquario, é sostratta alla prigione dei pesci : ‘sale al cielo’ su una colonna di lusso, inguainata d’una dolce stoffa tipo pelle verde scuro. Il suo diadema é arrichito di sfere colorate e l’elegante corolla di felci nasconde,sotto una dorata pacottiglia, le sue origini di plastica. La musa si diverte. La grana della pelle della famosa incoronata si trasforma in semi applicati da un pennello malizioso, ma crudele che sta per esporre la star ed il suo simbolo al beccuzzare degli uccelli liberi, invitati ad appogiarsi sui posatoi senza divorarli. Orrore : gli occhi sono spariti ! « La natura sempre torna ed interviene là dove meno ci si aspetta… » Altre colonne dal diametro identico si postano in fuga. Proposta di deambulazione nel mezzo a decorazioni ludiche ? Proposta di contemplazione di personaggi ieratici ? Questione di prospettiva o d’immaginazione…. Elegante, intrigante, l’alto cilindro inguainato di blu scuro si adorna di fitti scovoli scuri, che suonano la loro musica o di code di marsupilami in fuga. Abbozzano uno strano traboccamento grafico dalla grazia di sciolte figure a forma di gomito- che scrivono in quanto ricambi di zerbino. Piu avanti, lieto di essere promosso a fontana, l’assemblage colorato di piscine per neonati, fa cantare un’acqua lattiginosa, unico rumore artificiale associato ai quadri. « Riferimenti mutati, universi ri creati ». L’ultima colonna evoca un grattacielo newyorkese, quale un minareto d’una moschea, come un comignolo d’un capitello d’un circolo, sfoggiando (ostentando)- gioiello o laccio ? Una lunga catena d’oro… L’oro sempre torna nell’opera di Aurélie Menaldo. Una promessa di nobiltà apposta alla semplicità d’un plastico desinibito. Una fanfaronata di demurgio che crede in un fururo migliore ; « I’ll paint you mornings of gold »(3).
Al muro, sobriamente incorniciata, la plateale (volgare) coperta di sopravvivenza, piegata in un centinaio di quadrati identici, si apre con il suo spendore protettivo per i bisogni tragici d’un uso unico. Un supporto intimamente legato all’artista, spesso presente nel suo lavoro : vi trafora col laser delle forme. Oggetti o parole importanti che cascano, lasciando solo la loro traccia, esistendo soltanto nel vuoto stampato dell’estrema leggerezza del foglio. Facendo eco alla vacuità, alla fragilità della vita, che abita le sei prime pagine d’una « monografia in corso »4. La prima di queste pagine presenta la croce IPN marina rapresentando degli scogli artificiali, corpo adottato dalle conchiglie che ci crescano. La seconda restituisce una citazione di PESSAO (5) cara alla rispettosa copiatrice. La terza riprende una frase sublime di « Osi Josephina » di Baschung (6). « Niente si oppone più alla notte ». Nella quarta e quinta, due moduli stilizzati, si fanno geroglifici. La sesta é il riferimento a un’istallazione fatta a partire dalle mattonelle di carbone vegetale, neri e smorti-parenti poveri di J M Othoniel (7). La loro scala ridotta le restringe ai « mini buchi del bigliettaio di Lillas » (8) o anche alla carta perforata di un organetto. Altre pagine seguirano…
E’ qui che si lascia il Paradiso perduto. Schizzato di colori, racontato in un modo ludico, popolato d’oggetti di plastica che hanno perso la loro funzione e si accomodano allegramente nella loro nuova destinazione, accompagnati del silenzio delle musiche (BOWIE,BASHUNG,CHRISTOPHE,GAINSBOURG) e segnati dal sigillo delle parole (MILTON et PESSOA).
INTERLUDIO
Gli ambiziosi cofanetti di pitture numerate strombettano « per diventare un’artista ». Candore e ironia mescolate, l’immagine si espone in un’artoteca ….. Piazzate al confine dei due universi dell’artista, é qui volontariamente incompiuta. La parte bianca rivela la nudità dei pappagalli. Le piume rosse si ritrovano nel boa sospeso . Colpo di proiettore teatrale sull’istallazione, tondo perfetto che ne evoca altri: quello della base delle colonne e quello della luna pallida (scialba) di Walt Disney nel « carillon-Blue Bayon », titolo del secondo spazio della mostra.Tondo di collegamento dunque…
BLUE BAYOU
« Eroe del secondo dei dieci cortometraggi dei studio Disney,un grande uccello bianco prende il volo al lume della luna. Gira in modo solitario » ed ispira all’artista il titolo della sua ultima installazione, della sua ultima storia.Tutti gli oggetti presenti (disposti ad intervalli regolari benché appesi a delle altezze diverse) restituiscono il campo lessicale d’una gabbia per uccelli (grucce, specchio per allodole, corde colorate di filo per nido…),e partecipano alla stranezza d’una sensazione : quella d’una presenza che non sarebbe più, quella di una temporalità d’un curioso età intermedio. Malessere nato dall’osservazione di certi dettagli. L’ala d’angelo é trapassata da una freccia aggressiva. La collana di palline di plastica della graziosa altalena con campanelle si fa da se stessa campana . Tre campane per suonare i tre Angelus quotidiani. Il tre-coni esibisce il cavallo dei trapezisti o delle « nanas » di Niki de Saint Phale vestite di calze bianche calzate da scarpe a punta delle ballerine-conchiglie colorate o delle corna di liocorni… L’insieme delle sospensioni é palesemente e saldamente unito ; e se tutto si muove, gira, galleggia, niente non cadrà ne altererà l’armonia creata dai rapporti di forme snaturate, di materie ordinarie e colori acidulati.
Mostra al Centro per l’Arte Contemporanea, ad Annonay – Francia
(1) BOWIE, David (1947-2016), AsThe World Falls Down, 1986.
(2) CHRISTOPHE (1945-2020), I paradisi perduti o Paradisi perduti, parole de Jean-Michel Jarre, 1973 MILTON, John (1608-1674), Il paradiso perduto, poema epi, 1667
(3) Desunto dalla canzone As The World Falls Down
(4)A.M. Incontro del 1 dicembre 2022
(5) PESSOA, Fernando(1888-1937), « Faire de la ,chute un pas de dance faire de la peur un escalier du rêve un pont » extrait du poème De tout, il restera trois choses, 1956-parfois attribué à Fernand SABINO
(6) BASCHUNG, Alain(1947-2009) desunto da « Osez Joséphine ».
(7) OTHONIEL, Jean-Michel (1964-) noto per le sue istallazioni di mattoni colorati
(8) GAINSBOURG, Serge (1928-1991), Le Poinçonneur des Lillas, 1958
(9) A.M. Incontro del 1er dicembre 22
(10) Niki de Saint Phalles (1930-2002). Le « Nanas » sono spesso delle sculture molto colorate dell’artisto franco-americano Niki de Saint Phalles, con delle forme piene e tonde.