Les jeux d’Alice
Ivonne Manfrini
Come una leggera derisione piena di profondità, le proposte d’Aurélie ci invitano ad esplorare un mondo di paradossi generatori di micro-finzioni. C’è il Vs Park (2012), un piccolo popolo di forme colorate sparse su un pavimento circoscritto. Sono delle gabbie per roditori, prive dei loro abitanti, una densità caotica, effimera evocata dal materiale quotidiano piu invadente, piu nocivo, la plastica.
Recupero e riciclaggio sempre, due gesti costanti nelle proposte di Aurélie, per Necropolis (2016), una città dei morti secondo l’etimologia, rifiuti colorati e riciclati sono disposti su degli scaffali, come tante risonanze visuali d’una fila di offerte destinate ai morti.Questa poetica dello scarto che “monumentalizza” le tracce, le vestigia, d’un quotidiano leggermente disincantato gioca sulle scale. I piedistalli-scaffali sono di misure variabili ma sempre in tensione con quelle di improbabili ex-voto, un gioco alla fonte della stranezza che perturba una familiarità aspettata. La Blues Plateform (2015) è adeguata allo spazio che l’accoglie ma, nello stesso tempo satura questo spazio, altro modo di perturbare come lo fa Superfetatoire (2014). Le due proposte evocano il mondo dello spettacolo, i gradini d’un anfiteatro,d’una sala di spettacolo, e la pedana di una pista di circo; L’una e l’altra invitano i visitatori a fingere, o ad evocare una performance. Le parole sottolineano l’invito, Blues suggerisce un evidentemente colore ma la S è l’eco della musica che mette in forma la tristezza, che reincanta il disincanto.
Il mondo di Aurélie è costruito da tocchi e da gesti discreti che convocano materiali del quotidiano, colori, parole, dispositivi e gioco di proporzioni per ripensare il mondo al modo di Alice, sua sorella di finzione. Un invito a passare dall’altra parte dello specchio.