Paradisi perduti

Nicole Kunz

Polisemico e multicolore, l’universo di Aurélie Menaldo evoca l’infanzia, il sacro, ma anche l’assurdo in modo surrealistico. Il suo lavoro inizia dalla raccolta di ogni tipo d’oggetti che sceglie per la loro forma, materia e tinta. A partire da questo vocabolario di base, compone ed assembla delle sculture e delle installazioni concepite, spesso, in funzione del luogo della mostra. In parallelo colleziona dei brani di testi che vengono a punteggiare le sue opere suscitando, nello stesso tempo, un sentimento di familiarità e di stranezza, causato dalla combinazione improbabile d’elementi conosciuti. Aurélie Menaldo privilegia il gesto elementare per realizzare delle sculture semplici, immediatamente comprensibili, mossa da una logica vicina a quella del bambino capace di creare un mondo fantastico a partire da oggetti del quotidiano. Sposta la destinazione originale degli oggetti, dando loro una fragilità ed un equilibrio precario, mentre li orna di un’estetica che dialoga col decorativo, che non teme di abbordare frontalmente, come uno degli aspetti che non si puo negare in un’opera d’arte.

Dai suoi inizi nel 2007, Aurélie Menaldo crea delle opere che giocano sull’ambiguità, tra il serio e lo spensierato, il pericoloso e l’innocuo, l’utile e l’inutile. Con l’assemblaggio incongruo di oggetti e con i loro colori sgargianti, sposta leggermente il punto di vista, aprendo la via a delle narrazioni immaginarie. Cosi il playground realizzato alla Villa du Parc, la sua slitta in equilibrio su un piede e la sua altalena sbilenca divengono degli oggetti inquietanti ; la passerella dai colori dei circuiti Playmobil che invade la galleria Octave Combell a Metz obliga a un percorso da finestra a finestra ; lo stesso con i tornelli di supermercato, dipinti di rosso, possono fiorire un campo incolto, o anche questa città futurista in miniatura, fatta di abitazioni di plastica per roditori, ci rimanda alle nostre proprie assurdità. Negli interni o negli spazi publici, il processo rimane identico e ci fa entrare in un mondo distropico dove gli uccelli-palloncini fanno esplodere una gabbia, delle trottole giganti ingombrano lo spazio, e dove dei palloni di calcio in cemento invitano a nuovi giochi.

A la Ferme de la Chapelle, Aurélie Menaldo si é ispirata alla complessità ed agli elementi architettonici del luogo, che ricordano la struttura d’una cattedrale ,della quale riprende certe tipologie, quali le colonne, i fiori, l’illuminazione particolare, i tesori della cripta, tematiche che reinterpreta nelle installazioni specialmente concepite per il centro d’arte. Col titolo, Paradisi Perduti, l’artista fa anche riferimento ai giardini medioevali, alla nostalgia dell’infanzia, al poema di Milton e alla canzone popolare francese. La mostra si apre su una prima sala punteggiata di colonne di velluto dai colori gattegianti, che ripetono il pilastro centrale esistente. Questa colonnata monumentale sembra bucare il soffitto e si prolunga al primo piano in altrettanti appoggi per delle sculture dalle forme diverse : una fontana, una statua della libertà ricoperta di semi, una torre newyorkese, una struttura tentacolare e una composizione florale. Il colore del muro, richiamando l’azzurro del cielo e le tinte « franche » delle diverse sculture di questo piano, creano un’atmosfera eterea, paradisiaca e fiorita.

Il palco installato nella seconda sala accoglie dei ritagli di grande formato fatti nelle coperte di sopravvivenza. La fragile leggerezza di questo materiale e la preziosità della doratura trasformano questo spazio in una specie di cripta che nasconde dei tesori. Si ritrovano in queste incisioni dei motivi ricorrenti nell’opera di Aurélie Menaldo : la slitta, i tornelli per sbarrare il passaggio, i mattoni e le citazioni poetiche. Una bandiera fatta dello stesso materiale dorato che allude a quelle che si trovano nelle chiese, che si espongono nelle processioni.

Il percorso finisce nel sottosuolo che diviene un luogo ibrido, tra il magico ed il funebre. Con il suolo ricoperto di sale e tempestato di fiori stellati, questo spazio potrebbe essere una grotta dalle qualità curative, immagine che contradice l’insegna luminosa del suolo che porta il simbolo nucleare e che ricorda le aiuole delle lapidi sepolcrali. Con questa ultima sala Aurélie Menaldo svela una ultima chiave di lettura che invita a rivisitare la mostra con uno altro sguardo, come un labirinto con piu porte.

mostra Ferme de la Chapelle, Genève, 2022