Rittratto dello spettatore in un funambolo

Ivonne Manfrini

“…Non ci sarà qui nessuno per brontolarmi se mi avvicino troppo al fuoco. Oh! come sarà divertente, quando i miei genitori mi vedranno attraverso lo specchio senza potere acchiapparmi ! “

Lewis Caroll
 
Cosimo salì fino alla forca di un grosso ramo, dove poteva piazzarsi con comodo, e si sedette qui, le gambe pendenti,le braccia incrociate le mani sotto le ascelle, la testa rientrata nel collo, il tricorno affondato sulla fonte(…)si, ma io non scenderò ! E tenne la parola.
Italo Calvino
 
Quando la galleria Octave Combell ha proposto ad Aurélie Menaldo d’investire il suo spazio, ha accettato senza esitare.Come resistere alla tentazione di presentare un pezzo contemporaneo in un salone borghese con parquet, modanatura e camino? In più’ in una stanza dove si entra dalla finestra come nel mondo di Alice. Un mondo che è anche un po’ quello di Aurélie, quello di ciascuno di noi a dire il vero, un mondo al quale bisogna dare, di tanto in tanto, il diritto di esistere davvero. E’ cosa fatta oggi, al n° 5 via Parmentier, a Metz.
 
Iscritto nel suo universo quotidiano, presso il suo computer, l’oggetto non ha mai lasciato nè l’occhio nè lo spirito dell’artista. Un elemento di PLAYMOBIL è infatti all’origine di “Superfetatoire”. Il suo legame col salotto borghese sembra essersi imposto immediatamente ma è un legame in rottura, proseguiamo.
 
Il processo ha da primo implicato la metamorfosi dei materiali e della scala. Il legno ha sostituito la plastica. Moltiplicata e completata, la piccola reliquia ha raggiunto una dimensione quasi monumentale ; il bordo della pista del circo, da gioco di montaggio e d’immaginazione per bambini, è così diventato una grande forma che riempie quasi tutto lo spazio della galleria-salotto.
 
Ed è un bordo di pista di circo che funziona . Il senso di circolazione nella galleria è scomodo, gli spettatori entrano da una finestra o dall’altra, circolano in un senso o nell’altro. Ma sono anche costretti, impossibilitati a scendere, non possono toccare ne’ il suolo, ne’ le pareti, divengono funamboli, statue in movimento, o personaggi di PLAYMOBIL, su un piedistallo insolito. Un modo di galleggiare a 60 cm sopra il suolo camminando sulla stretta banda multicolore larga 60 cm.
 
Lo spettatore diviene attore di una performance inaspettata, di una deambulazione insolita anzi insensata. Camminare leggermente sopra/dentro il colore senza meta, questo non non si fa da nessuna parte. Lo spazio del salotto d’Octave/Alice, e lui solo, rende ciò’ possibile. Dalla strada, nessuno potrà brontolare nè criticare, ” sarà troppo divertente” . Rottura ironica con lo spazio borghese, luogo di tutti i giochi d’apparenza, ma legame con la leggerezza dell’altrove, dell’altra parte dello specchio del salotto di Alice, dall’altra parte della finestra della galleria Octave Cowbell : ” infine separato da se stesso ( lo spettatore ) può’ ridere della sua propria pesantezza nella coerenza massiccia dell’ordine stabilito “.
 
Aurélie Menaldo ha deciso ha battezzato la sua opera ” Superfétatoire “. Un nome strano, desueto, quasi ostile, in tutti i casi brutto. Dice che l’ha scelto perché evoca l’addizione inutile, l’artificio, quello che sarà la sua opera : né scultura né quadro. ” Andate via, non c’è niente da vedere “, soltanto un piccolo giro prima di ritornare nella strada in un colpo trasformata in quinta dell’altrove. Ma fotografia/ricordo in tasca la spettatore/ saltimbanco potrà riattivare il trasferimento immaginar tanto sovente quanto necessario, perché sognare è necessario.
 
Il funambolo d’un istante ritroverà allora le vibrazioni della sua performance su tutti i bordi dei marciapiedi, su tutte le linee bianche,blu o rosse in cerca d’un istante di libertà sconcertante, di leggerezza rubacchiata, in mancanza di potersi sedere definitivamente su un albero per poter scappare alla gravità del mondo alla maniera del giovane barone Cosimo Piovasco di Rondo’ immaginato da Italo Calvino.
 
Superfétatoire” trae la sua origine da superfetatio e da superfetare, parole latine medioevali che significano : ” concepire di nuovo”. Nati dal vocabolario della biologia, indicano la fecondazione di diversi ovuli nello stesso periodo d’ovulazione da cui l’estensione semantica alla nozione d’inutile, due sono troppe ! Con la proposta di Aurélie Menaldo, la parola sbarca nel mondo della metafora pratica. “concepire di nuovo diviene allora “concepire in un altro modo”, trasformare l’inutile in necessario. Un arrovesciamento, l’espressione della dimensione dell’ironia.
 
L’arteficio dunque non è superfluo, è il gioco di prestigio del mago. Quando Aurélie Menaldo trasforma lo spettatore in funambolo, quasi in saltimbanco, gli attribuisce la libertà apparentemente derisoria d’un personaggio del mondo del circo. 
 
Affinché il popolo di questo mondo possa :”vivere, devono godere di una libertà totale (…) Bisogna concedere loro la licenza di non essere niente altroché un gioco insensato. (…)”. Il circolo è ” una sfida portata alla serietà delle nostre certezze. ” Diventare un quasi funambolo, per un istante, sul bordo d’una quasi pista di circo, è vivere niente di meno che una breccia, un vuoto nel tessuto troppo liscio del quotidiano e vedere aprirsi lo spazio d’un altrove camminando sui colori quasi senza meta, tra due finestre.
 
Mostra galleria Octave Cowbel, Metz, 2014